Quanto investono le società italiane in formazione?

5 Aprile 2017

Ma nella formazione quanto investono le società italiane? Bella domanda… Perché dipende da tanti fattori e molto diversa è la situazione all’interno dei diversi settori. Sicuramente la formazione diventa sempre più la chiave per combattere la disoccupazione giovanile volata, in Italia, ormai al 40%.

Il parere

Gli esperti suggeriscono ai giovani di lavorare su sé stessi, concentrandosi sempre più sugli aspetti più importanti dell’era post “posto fisso”. Ovvero su adattabilità, capacità relazionale, flessibilità, doti fondamentali per il mercato del mondo del lavoro. Un altro aspetto fondamentale, invece, è arricchire sempre più il proprio bagaglio culturale, studiando lingue straniere, facendo esperienze all’estero e corsi per accrescere le proprie competenze. Un concetto che hanno capito i lavoratori ma anche le imprese. Perché per capire quanto investono le società italiane in formazione possiamo andare alla scoperta degli ultimi dati sulla partecipazione degli adulti in attività educative e formative.

I dati della formazione in Italia

Nel 2015 sono stati 2,6 milioni gli italiani (nella fascia 25-64 anni) impegnati in queste attività, l’8% del totale. Il tutto contro una media europea del 10,7%. La percentuale più alte di partecipanti la fa registrare la componente femminile (8,3%). Subito davanti agli occupati (8,7%), alla fascia 25-34 anni (14,9%) ed ai laureati (18,7%). Numeri in crescita rispetto a qualche anno fa, soprattutto al centro-nord, ma ancora sotto la media continentale. Secondo i dati contenuti nel Rapporto sulla formazione continua 2014-2015 pubblicato dal Ministero del Lavoro, i fondi spesi per la formazione nel periodo 2009-2015 ha toccato quota un miliardo. Per rispondere anche alle esigenze della crisi. In quest’ottica si sono inseriti anche i Fondi interprofessionali, oggi strumento di primaria importanza.

I fondi interprofessionali

Tanto che sono state, a fine 2015, 930 mila le aziende che hanno avuto accesso a questi fondi, per un totale di circa 9,6 milioni di lavoratori. Poche settimane fa un’indagine, commissionata dalla Bocconi di Milano con Aica, ha spiegato come il 69% delle aziende siano pronte ad investire sul digitale ma, al tempo stesso, si preoccupano dei livelli occupazionali che saranno in calo con la progressiva sostituzione dell’uomo con la macchina. Ecco perché la crescita di competenze professionali e personali può essere anche una chiave per evitare questa “sostituzione”. La macchina si programma per fare solamente determinate cose. Un lavoratore in grado di poter soddisfare diverse esigenze dell’azienda sarà quindi più importante rispetto a qualunque macchinario. Allo stesso modo per un’azienda investire in formazione vorrebbe dire garantirsi un lavoratore in grado di soddisfare appieno il proprio ruolo. Formato e competente.

 

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